Vittorio Foa – Presentazione del libro “Se questo è un uomo”

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Primo Levi è nato a Torino nel 1919 e pure a Torino è morto nel 1987. Ha sempre lavorato come chimico in una industria torinese, ma la sua fama, ormai immensa su scala mondiale (nei soli Stati Uniti sono state finora vendute duecentomila copie dei suoi volumi) nasce coi suoi libri, con le sue tragiche narrazioni sui campi di sterminio nazisti e colle sue originali creazioni letterarie legate alla scienza. Nell’inverno 1944-45  Primo Levi è catturato dai nazisti nelle montagne della Val d”Aosta dove era andato per fare il partigiano ed è deportato nel campo di sterminio di Auschwitz da dove, uno fra pochissimi, esce alla fine della guerra.

         Il suo primo libro, Se questo è un uomo, che qui ripresentiamo, racconta Auschwitz, il limite dell’orrore, dove un apparato scientifico di repressione e di morte distrugge, dopo averli ridotti a ombre di vita, milioni di vite umane (in quel campo passarono e morirono milioni di ebrei e non solo ebrei di tutti i paesi). La scienza nazista non cercava solo di cancellare nelle vittime ogni dignità umana ma anche di sopprimerne la memoria storica e civile considerandoli “razza inferiore” da estirpare. Di qui la decisione di una “soluzione finale”, l’ossessione nazista di non avere testimonianze e quindi di uccidere tutti gli ebrei, di qui anche il rito hitleriano del rogo dei libri che esprimono una cultura ostile o diversa. Ma di qui anche il costante richiamo di Primo Levi a ricordare, a testimoniare, a rispettare col ricordo le inaudite sofferenze e anche a ricavare col ricordo una certa idea di sé e del proprio rapporto col mondo, l’indicazione di un percorso per combattere il Male assoluto, il disprezzo e l’odio verso la creatura umana.

         Per circostanze storiche che sono sopravvenute questa testimonianza di Primo Levi, nella sua trasparente verità, in quel rifiuto di qualsiasi enfasi o forzatura che ne fa la grandezza letteraria, è la più inesorabile confutazione di quella storiografia “revisionista” oggi di moda a destra che, con diversa intensità di menzogna e di travisamento dei fatti, arriva a negare la stessa realtà dello sterminio o ad attribuirne la responsabilità alle vittime.

         Il titolo del libro, Se questo è un uomo, è volutamente ambiguo: chi è l’uomo di cui parla? È il carnefice, quello che riesce a superare tutti i limiti della disumanità nel considerare e nel trattare creature umane col massimo possibile di crudeltà? Oppure è la vittima torturta ed uccisa non perché ha detto qualcosa o fatto qualcosa o pensato qualcosa, ma perché ha nelle sue vene, in tutto o in parte, del sangue ebraico, perché è in una condizione nella quale non può portare alcuna responsabilità? Oppure, nonstante tutto, è la vittima che resiste? Una donna o un uomo inermi di fronte a un armato deciso ad uccidere non hanno alcuna possibilità di opporre una resistenza materiale, fisica, ma hanno la possibilità di resistere mostrando nel limite del possibile solidarietà verso i più deboli, mantenendo la dignità umana e soprattutto lottando per sopravvivere e potere poi raccontare per sé e per i compagni che sono morti. Primo Levi è uno di questi resistenti, fra i più alti nella nostra memoria e nel nostro affetto.

         Dopo  Se questo è un uomo  Primo Levi ha scritto altri libri, tutti di grandissimo successo.  La tregua  racconta la liberazione dei deportati di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa e la loro peregrinazione per l’Europa prima di arrivare alle loro case nell’autunno del 1945. Quella estate è raccontata con gioia e ironia, sembrava quasi che il mondo volesse riconciliarsi con se stesso. Ma subito l’autunno, con le sue prime nebbie, porta la guerra fredda, la divisione del mondo, la ripresa dell’odio. Levi ha poi scritto altri libri e molte bellissime poesie. Fra gli altri  Il sistema periodico  nel quale la scienza chimica diventa protagonista di alta letteratura. E attraverso tutti i suoi scritti è sempre trasparente la figura dell’autore, semplice e chiaro, mai predicatorio anche quando tocca con calore temi così alti, esempio straordinario di quella intransigenza intessuta di moderazione che è propria de saggi.

         Fin sulla soglia della morte, con il libro  Sommersi e salvati, Primo Levi ci richiama al dovere di ricordare. Ritornano i versi che troverete nella premessa di questo libro, quelli che cominciano così: “Voi che vivete sicuri”, con quel che segue. Sorgono allora delle domande: perché dobbiamo ricordare? E cosa bisogna ricordare? Bisogna ricordare il Male nelle sua estreme efferatezze e conoscerlo bene anche quando si presenta in forme apparentemente innocue: quando si pensa che uno straniero, o un diverso da noi, è un Nemico si pongono le premesse di una catena al cui termine, scrive Levi, c’è il Lager, il campo di sterminio. Sarebbe troppo facile scaricare tutte le colpe del Male solo sugli altri, per esempio solo sui tedeschi, o su un presunto modello asiatico, e così via: i limiti li dobbiamo analizzare anche in noi stessi, nell’intolleranza. Quando vediamo (e lo vediamo così spesso!) il Male fatto dagli altri dobbiamo combatterlo a viso aperto, ma dobbiamo anche e sempre contrastare in noi ogni tentazione di intolleranza, di disprezzo, di negazione degli altri. Nessuna causa giusta può essere combattuta partendo dalla premessa della distruzione della persona umana. Primo Levi, che ha analizzato con una forza straordinaria il male dell’uomo provocato dall’uomo, ci ha lasciato questo messaggio di vita.

Tratto dal libro “Se questo è un uomo” – Primo Levi – Editrice l’Unità, Roma, 1992

 

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